Il corso della vita di ciascuno di noi è segnato da passioni, passioni che talvolta sono scoperte passeggere che ci accompagnano per alcuni anni o in alcune tappe del nostro vivere, passioni che altre volte si rivelano essere così radicate e persistenti da diventare parte costante del nostro contorno se non addirittura una parte stessa del nostro essere.
La musica è una di queste. Da anni la musica è per me una sorta di colonna sonora che fa da sottofondo al mio percorso di vita, è cambiata con il divenire dell’età, si modifica a seconda dei miei umori e delle diverse situazioni che vivo. Mi segue nei vari momenti della giornata, è compagnia durante le attività che svolgo, è spesso fonte di ispirazione, momento di sfogo o anche solo voglia di evadere per lasciarmi trasportare dal suono della melodia.
Sebbene ci siano gruppi musicali che entrano ed escono, alcuni che “dimentichi” per anni e poi riscopri improvvisamente meravigliandoti di non aver rispolverato prima quel vecchio cd, altri gruppi ti si insediano dentro, inspiegabilmente hanno un qualcosa in più che fanno sì che attecchiscano in te. Sono lì, in sottofondo, anche se non li ascolti per mesi, ma loro sono lì e fanno silenziosamente sentire la loro presenza. E riascoltarli è energia pura, è rinnovo continuo, è sempre emozione, è viaggio.
Talvolta può succedere che il viaggio arrivi realmente a prendere forma e così è stato per quello che mi piace chiamare il mio viaggio nella musica, alla ricerca del mondo e della fonte di ispirazione che ha dato vita ad un gruppo per me unico ed inimitabile.
E’ il 29 luglio 2015, il giorno in cui si realizza il grande sogno che mi porto dentro fin dall’età di 15 anni: il desiderio di poter vedere, conoscere, respirare ed immergermi totalmente nell’atmosfera di questa piccola cittadina dispersa nello stato di Washington, a circa 200 miglia da Seattle.
Durante il viaggio in macchina l’eccitazione si fa sempre più forte, leggo con attenzione ogni cartello che incrocio in attesa di individuare i nomi delle cittadine che precedono la mia meta, l’ulteriore conferma di essere sulla strada giusta, qui, circondata dal verde di milioni di alberi. Mi sembra incredibile che stia succedendo davvero, che stia succedendo a me, che sto completando questo tour nato all’improvviso, organizzato in un paio di mesi, ma che dentro me in realtà è pronto da una vita.
Poi finalmente lo scorgo in lontananza… il verde cartello di benvenuto nella piccola cittadina è un tuffo al cuore:
“Welcome to Aberdeen – Come as you are”

Ci sono. Sono qui!
Non ci credo, here we are now
Lo sguardo vaga ovunque, vorrei cogliere la più piccola sfumatura di tutto quello che mi circonda, non voglio perdermi niente, perché sono qui, ora e oggi.
Osservo dalla macchina questo minuscolo paesino, semplice, con poche cose da offrire…se è così nel 2015 chissà negli anni ’70 a che livelli poteva essere, ancora più sterile di quanto non lo sia ora. E penso a quanto siano state grandi la forza e la volontà di voler emergere crescendo in una realtà così desolata, non solo geograficamente, ma anche culturalmente.
Finalmente scendo dall’auto e… respiro. Cerco di assorbire l’aria di Aberdeen, di farmela entrare dentro, di farmi totalmente immergere dall’atmosfera che mi circonda.
E nella mia prima tappa di questa visita, un piccolo museo dove spero di trovare alcuni cimeli, respiro e riconosco quello che per me diventa il profumo di Aberdeen, un profumo che risentirò altre volte durante la giornata: il tipico odore di cose vecchie, di antico.
Aberdeen smells like old stuff
E’ un profumo caldo, che riporta indietro ad anni passati, come se questa cittadina fosse in qualche modo ferma nel tempo, un profumo di oggetti conservati da tanto. Lo stesso odore lo ritrovo nel piccolo negozio di musica che scovo per caso in una via laterale del centro, se così si può definire, dove mi precipito dentro in meno di un secondo… la prima di grandi e inaspettate sorprese che avrò durante questa giornata che vorrei non avesse fine.
Continuo il mio tour per raggiungere mano a mano i vari indirizzi che mi sono segnata già dall’Italia, in mezzo alle vie tutte uguali di questo semplice e piatto paese, circondata da piccole casette in legno dalle forme e dai colori diversi che mi trasmettono una sensazione nostalgica di trascuratezza. Sorprende il contrasto americano che trovo qui: appena entri ad Aberdeen vieni invaso dalle diverse catene di fast food esistenti, per poi essere catapultato nella reale desolazione di questo paese non appena svolti a destra lasciando la super strada. Sembra una cittadina ferma nel tempo, giusto un paio di semafori lungo la via principale, con pochi e insignificanti negozi ai lati, alcuni di questi vuoti e abbandonati.
Assorta nei pensieri e nelle sensazioni che questo paesaggio mi suggerisce, non immagino certo l’incontro incredibile che sto per fare e se fino a quel momento ho potuto osservare, assaporare e assorbire l’atmosfera che mi circonda, inaspettatamente ora ho la grande fortuna di poter anche ascoltare.
Ascolto parole sincere e commosse, racconti e aneddoti di molti anni passati che mai avrei potuto leggere sui libri, o se anche fosse, mai mi avrebbero fatto provare tanta emozione ed intensità. Ho davanti a me una persona che con estrema naturalezza mi parla e spontaneamente mi racconta di una vita vissuta e condivisa che io avevo sempre e solo immaginato nella mia testa. Ascoltare un racconto reale, da chi ha avuto un contatto affettivo profondo, da chi ha vissuto le prime sperimentazioni, da chi ha potuto osservare la tenacia e la volontà di voler emergere sebbene il luogo e le condizioni rendessero tutto ancora più complicato. E’ un regalo insperato.
Un regalo straordinario, che nel profondo forse avevo sempre desiderato, ma che nemmeno mi azzardavo ad esprimere perché sarebbe stato chiedere troppo. Da quel momento tutto diventa ancora più intenso, più pieno di quanto non sia già, il cuore che prima batteva all’impazzata solo per il fatto di trovarmi ad Aberdeen, ora mi sembra addirittura uscire dal petto.
Lascio di proposito per ultima la tappa più toccante perché me la voglio assaporare fino in fondo con tutto il tempo necessario: Young Street Bridge, questo semplicissimo ponte sulle rive del fiume Wishkah che è stato a sua insaputa un protagonista importante durante gli anni di sperimentazione, talvolta un rifugio e soprattutto una grande fonte di ispirazione. Ora è circondato da un piccolo parco che rende il tutto più accogliente e curato, ma il pensiero corre a come doveva essere una volta questo spazio.

E’ indescrivibile l’energia che sento non appena faccio i primi passi sull’erba, è come aver ritrovato un luogo che avevo dentro da sempre, che fa parte di me. Mi sento completamente a mio agio, entusiasta, piena.
Osservo la realtà che mi circonda, dal più piccolo e insignificante particolare, alla chitarra e ai diversi segni che omaggiano questo grande artista. Arrivo così sotto il ponte e qui i miei occhi si perdono nell’intorno: i milioni di scritte e i piccoli murales che invadono ogni singolo pilastro, la targa affissa al ponte, la corrente dell’acqua, la riva fangosa, i pali di legno fissati in mezzo al corso del fiume. Mi siedo all’ombra del ponte sulla terra polverosa per entrarci in contatto, per toccarla, sentirla e respiro nel profondo l’aria un po’ umida che è parte di questo luogo.
Sommersa dall’emozione infilo gli auricolari e mi perdo nell’ascolto delle canzoni che sento più legate a questo contesto, la voce calda di Kurt mi avvolge completamente sulle note di “On a plain”.

Sono qui, con la sua voce in sottofondo ad ammirare e cercare di interiorizzare più che posso questo istante.
“Just one more special message to go, and then i’m done and I can go home”
Lentamente i miei pensieri si allontanano dal mondo reale, mi abbandono e mi lascio trasportare solo dai miei sensi, per cercare di assorbire totalmente l’energia che percepisco qui ed ora, in questo luogo:
Underneath the bridge
Con la malinconica “Something in the way” che mi risuona nelle orecchie.
Elisa
Che emozione, con il tuo racconto hai fatto viaggiare anche me 🙂
Piaccia o non piaccia il genere è indubbio che l’umanità quel aprile del ’94 ha perso qualcuno che le emozioni le metteva in musica. Avevo solo due anni quando se ne è andato, ha conosciuto la sua voce che avevo 14 anni, nonostante questo mi ha trasmesso molto. Sembra quasi magia, come il talento renda immortali.
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Grazie per le tue belle parole Ari, sapere di essere riuscita a passare le emozioni che ho provato, potendo far viaggiare anche te, era proprio l’intento che speravo di realizzare.
Sono d’accordo con te, piaccia o non piaccia è stato un’artista pieno di talento che ha saputo esprimere in particolare nella musica il suo sentire, la sua persona. Una musica che a distanza di molti anni è ancora attuale, uno stile che rimarrà sempre nella storia.
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